V’è una misura (regola, moderazione) nelle cose

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limite_30_555di Guido Di Stefano

  Poco più di venti secoli sono trascorsi da quando Orazio vergava i suoi “Sermones” oggi noti come “Satire”: in due libri presentò ai contemporanei e tramandò ai posteri tante “perle” di saggezza, che oggi sembra totalmente ignote o, peggio ancora, trattate come ingredienti  di “miscele” alimentari.

  Estraiamo due perle,  “in primis” per sottoporle alla vostra attenzione e “in secundis” per disquisire un poco.

  Così ha scritto il saggio nel primo libro della sua opera: “Est modus in rebus: sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum” cioè  “V’è una misura (regola, moderazione) nelle cose; e poi  vi sono precisi  confini, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto”.  Elegante e incisiva espressione che invita all’equilibrio, alla misura, alla moderazione, alla saggezza in tutti i comportamenti della vita privata e pubblica (le “res”).

   Nel secondo libro ha voluto colpire con un mirabile affondo chi potente si crede, senza effettivamente esserlo: “La verità è che tu, che comandi a me, ubbidisci umilmente ad un altro, e ti fai guidare come una marionetta dai fili tirati da altri. Chi, dunque, è libero? Il sapiente, che è padrone di se stesso, che non ha paura né della povertà, né della morte, né delle catene, che sa resistere alle passioni, che ha la forza di disprezzare gli onori, perfetto in se stesso, liscio e rotondo, sicché nessuna esterna può intaccarne la superficie, e sempre s’infrangono contro di lui i colpi della sfortuna”.  C’è poco da commentare. Chi è libero? Il saggio padrone e controllore di se stesso, del suo libero arbitrio, della sua  umanità, della sua “immagine” divina.

   Con tristezza ci chiediamo:

  • Ma questo benedetto “modus in rebus” è ambito e ricercato in questa nostra epoca, nel nostro occidente, nella nostra (sarà vero?) violata Europa, in Italia e nella tradita e vilipesa Sicilia?
  • Quanti uomini esistono veramente liberi, di intelletto sapiente (alla ricerca del vero e del giusto), padroni di se stessi e delle proprie azioni, coerenti e rispettosi della loro e altrui umanità?

   Allora chi potrà proteggere il mondo in generale e l’occidente in particolare?

   Dubitiamo che per questa opera meritoria sia idoneo lo Zeus americano. Cosa ha fatto da quando il suo Olimpo è stato arricchito con il diadema del “Nobel per la pace”? Ha inseguito guerre e scontri “violando” anche la fascinosa Europa. Non gli è mai mancato l’Ermes di turno per trascinare la fanciulla in perigliose avventure. E, ironia della sorte, perfettamente inutili sono il tre doni per la sua didesa: “l’uomo di bronzo”, il “cane addestrato”, il “giavellotto infallibile”. Inutili o quantomeno insignificanti perché i nemici di “Europa” non viaggiano solo per mare, sono spesso irriconoscibili dal cane e non colpibili con il giavellotto perché sono già con noi e sono parte di noi.

    Ancor di meno idonei attualmente sono gli amministratori che hanno sottomesso “Europa” alla Troika (ora “Brussels Group”). A che servono austerità spietata e sudditanza a Zeus? Certamente a fare fuggire i capitali fuori dall’euro-zona (lo racconta il Wall Street Journal), a renderci invisi ad almeno sei miliardi di essere umani, a lasciare nei guai tutte le nazioni che abbiamo confortato con l’amore delle armi! Fortunatamente dette nazioni incominciano a darsi da fare mentre in Europa si discute del “sesso degli angeli”.

   Spendiamo qualche parola relativamente all’Italia.

Non sappiamo proprio cosa aspettarci dai nostri “amministratori”, spesso “altruisticamente” dimentichi (o forse incuranti) degli interessi nazionali. I primi (o quasi) a seguire Zeus ed Ermes quando chiamano alle armi ; pronti ad accettare e supportare  entusiasticamente – incondizionatamente – immediatamente (e forse acriticamente) le  direttive USA  per sanzionare chicchessia  e specialmente Putin (come se non coincidesse con il popolo russo), nonché le scontate direttive UE.  Per farla breve vi sottoponiamo tre punti: la “guerra di Libia” con morte di Gheddafi ci ha scalzati da una posizione di netto privilegio energetico-economico-finanziario; le sanzioni a Putin secondo i conteggi della Coldiretti ci costano circa 236 milioni di Euro al mese, il che significa che in un solo anno bruceremo l’equivalente di 30 anni di risparmio energetico da “ora legale” (qualche stato UE perde altrettanto?); nella vinicola Italia (dice la Coldiretti) entrano annualmente 278 milioni di litri di vino( maggiori fornitori Spagna e USA) praticamente non tracciabili (segreto di stato sulle materie prime) per impedimenti o carenze o distrazioni normativi.  Con cotanta dimostrazione di oculatezza economica-finanziaria c’è da chiedersi quando vedremo veramente la ripresa, propagandata come già in atto (o ci sbagliamo?).

   “Ad abundantiam” dobbiamo lamentarci del succedersi di capi di governo (o dovremmo chiamarli amministratori?) che eletti o nominati che siano si elevano a sacri custodi di verità e giustizia e quindi, per la loro divina ispirazione, capaci da soli di formulare leggi perfette, che il parlamento (con gioia e venerazione) dovrebbe accogliere con sorrisi e applausi. Ma, se non ricordiamo male,  qualche decennio addietro una correttissima giurista (che si riconosceva nell’ ideologia politica della sinistra democratica) ebbe a dire (e noi condividemmo e condividiamo) che era preferibile una brutta legge “partorita” da un parlamento eletto piuttosto che un’ottima legge “dettata (e imposta)” da una sola persona! Boh, così purtroppo va l’Italia. Non sembra proprio nelle condizioni di potere salvare l’umanità.

    E veniamo ora alla tragedia “Sicilia”, recitata a soggetto un giorno dopo l’altro, una scena dietro l’altra.

Temiamo proprio che cadremo nel baratro con un bel sorriso scolpito sulla faccia. Perché su noi alla fine ricadono le colpe di Zeus, Ermes, Europa, Bruxelles, Roma oltre alle colpe nostre o se si vuole  tutto il “made in Sicily”.

C’è chi  (più di qualcuno) si diletta a presentarci al mondo come un popolo di milioni di mafiosi (salvo pochi eletti per grazia ricevuta e/o per miracoli personali magari non esattamente definiti) e chi critica lo statuto, dimentico che la sua ascesa politica è direttamente e/o indirettamente legata a questo disatteso documento costituzionale con valenza “pattizia”.  E noi ci indigniamo.

Poi sempre più frequentemente abbiamo l’impressione che certe parole (merito, legalità, responsabilità, diritto, uguaglianza …) abbiano un’intima valenza elastica: ci sembra proprio che si allargano e si stringono alla bisogna. E noi cominciamo a disperare.

   Ma no: siamo in un grande contesto sociale e culturale dove si privilegiano le definizioni piuttosto che le azioni. Apparire è sempre più facile che essere anche quando si tratta di rispetto, sensibilità e  privacy: una buona parola non si nega a nessuno!  Guai a usare termini singoli o associati (anche accidentalmente) che possano collocarsi  in disallineamento con usanze, convenzioni, buonismo, e quant’altro di nostrano che non ci impegni e non ci costi più di tanto. Sarebbe certamente grandioso se alle nobili espressioni seguissero i conseguenziali fatti.  Sì una grande civiltà che propugna rispetto per sensibilità e privacy! Ma scusate ci sorge qualche dubbio.  Ogni “credo” religioso  è qualcosa di intimo, sensibile, meritevole di privacy e di rispetto, nella ideale separazione dei compiti e ruoli temporale e spirituale.   Come si giustificano allora certi eccessi libertari? Forse scattano le discriminanti che il Creatore (comunque lo vogliamo chiamare) non vota per nessuno e non querela nessuno? E’ indiscutibile la sua superiorità, ma i suoi figli soffrono più di quanto si sdegnano i signori politici quando la dura satira investe il loro mondo (è tanto distante da quello dei  comuni mortali) e li costringe a unirsi in una corale “ levata” di scudi.

   Scusateci, ma ci fermiamo qui, per continuare a sperare.

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